Formaggio Castelmagno DOP: fama piemontese

Formaggio Castelmagno DOP: eccellenza piemontese

Questo formaggio, dall’origine antichissima, è uno dei protagonisti e più celebri formaggi d’italia.
Il formaggio Castelmagno è davvero uno dei prodotti che ci rende noti in tutto il mondo, insieme ad altre eccellenze come il Parmigiano Reggiano, Il Grana Padano, il Gorgonzola e tanti altri.

La sua storia è antica e speciale, si sono ritrovati documenti che testimoniano la sua esistenza, già a partire dall’anno 1200, quando le tasse annuali per l’usufrutto di alcuni pascoli, venivano proprio pagate con forme di Castelmagno.
Come si può immaginare, il nome di questo cacio è legato al comune di nascita, Castemagno, in Piemonte, paese che ancora oggi, è uno dei pochi a rientrare nel disciplinare di produzione, insieme a Pradleves e Monterosso Grana, in provincia Cuneo.

 

Il formaggio

A definire come deve essere prodotto questo formaggio, è il disciplinare di produzione del Consorzio per la tutela del formaggio Castelmagno. Nel 1982 ha infatti vinto il primo riconoscimento: la DOC, trasformatasi in DOP nel ’96.
Queste due denominazioni danno valore prestigioso al prodotto, lo tutelano a livello di qualità e permettono ai produttori di avere indicazioni specifiche su come si produca, a 360°.

Stiamo parlando di un specialità piemontese eccezionale, prodotta con latte vaccino, al quale può essere aggiunta anche una parte di latte di pecora e capra.
Al latte si addiziona il caglio animale e una volta formatasi la cagliata, questa viene rotta alle dimensioni di chicci di mais, estratta e poi messa a riposare per 18 ore su teli chiamati “risola”. Questi, appesi o posti su piani inclinati, permettono lo spurgo del siero.

 

Trascorso il tempo necessario, la cagliata spurgata viene messa in contenitori appositi e immersa nuovamente nel siero per 2-4 giorni, estratta, rotta finemente, salata e pressata nella forma.

A questo punto il formaggio riposa o per meglio dire, stagiona, in apposite celle di stagionatura o grotte, per almeno 60 giorni. Questo passaggio è fondamentale per le caratteristiche organolettiche ed estetiche del formaggio. La crosta rimane più rossiccia per stagionature più brevi, mentre tenderà al paglierino/marrone con invecchiamento più lungo.

In ultimo si trasforma la pasta, che da bianca diventa gialla, avanzando con la stagionatura Una delle caratteristiche di questo formaggio è poi l’erborinatura naturale che si può sviluppare: all’interno della pasta si vedono infatti delle venature verde-bluastre date proprio da alcune muffe specifiche che colorano e decorano il gusto di questo cacio, dalla pasta friabile e leggermente acidula.

 

Formaggio Castelmagno DOP in cucina

Una volta visto come si produce questo straordinario prodotto, vediamo da un punto di vista pratico quello che più ci interessa: come si mangia?

Nella cucina italiana i patti che hanno come protagonista il Castelmagno, sono principalmente piemontesi. Naturale penserete voi, in realtà questo formaggio è apprezzato in tutta la penisola, ma i piatti tradizionali piemontesi, sono comunque quelli che lo vedono maggiormente rappresentato.

Questo cacio può essere mangiato in purezza, oppure accompagnato da mieli, come quello di acacia, di tiglio, di castagno, molto prodotti in piemonte.

In cucina lo vediamo arricchire diversi primi, come risotti e gnocchi (famosi sono gli gnocchi alla crema di Castelmagno) o come fonduta su tartatre di Fassona o su tagliate.
Se sei invece un amante delle verdure, gratinare porri o finocchi con questo cacio, rende il tuo piatto davvero speciale.

 

Abbinamenti con vino e birra

Io consiglierei di accostarlo a vini rossi corposi e abbastanza importanti, come un Barbaresco, Barolo o ancora un Nebbiolo d’Alba. Questo formaggio, si presta molto bene ai vini rossi.

L’accompagnamento invece con la birra, tende ad essere un po’ meno popolare, eppure il risultato è entusiasmante.
Per cambiare un po’ il classico abbinamento formaggio-vino, ti suggerisco di degustare un buon bicchiere di birra.
L’acidità del formaggio deve essere contrastata dalla bevanda, così da pulire la bocca. Possiamo farlo grazie alla nota amara della birra, come nel caso di una strong ale (la birra Mater del birricifico Un Terzo ad esempio), oppure attraverso una nota dolce. In quest’ultimo caso, le triple belgian strong ale sono molto interessanti, dolci, alcoliche e fruttate, contrastano l’acidità e puliscono il palato.

 

 

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