Paletta biellese: il salume dell’alto Piemonte
Tra i numerosi salumi della nostra penisola, molti dei quali certificati e tutelati da consorzi, come il Prosciutto di Parma, quello di San Daniele, il Lard d’Arnad, il Capocollo di Calabria e tantissimi altri, troviamo altre specialità più piccole e qualitativamente squisite, pur non avendo una denominazione. Un esempio? La paletta Biellese.
L’Italia, da che mondo è mondo, è sempre stata la patria della gastronomia, ricca di formaggi, pasta, riso, frutta e anche salumi, tutti di eccellenza notevole e caratteristici di zone geografiche diverse.
Se ogni regione, se non addirittura comune, ha la sua cucina tipica e tradizionale, così, sono presenti prodotti di gastronomia, ideati e tramandati, unici al mondo.
La paletta Biellese è una di queste specialità. Riconosciuto come P.A.T. (prodotto agroalimentare tradizionale), è un salume, come probabilmente avrete intuito, tipico della provincia di Biella.
Nasce infatti a Coggiola, un piccolo comune in Valsessera, diversi secoli fa; alcuni documenti testimoniano la presenza di questo affettato, su banchetti quattrocenteschi.
Nei secoli passati, i “masular”, ovvero i macellai, andavano di casa in casa a macellare gli animali; le parti di maggior qualità, come le cosce dei maiali, venivano vendute e destinate ad un pubblico abbiente, mentre le parti meno pregiate, quali la spalla, erano invece consumate dal popolo più povero.
La paletta di Coggiola, riconosciuta come Presidio Slow food, si è diffusa in tutto il biellese, dove cambiando di nome ma non di sostanza, è diventato un prodotto tradizionale di tutta la provincia.
Di che salume si tratta e come si produce la paletta biellese?
Il nome di questo prodotto deriva dalla caratteristica forma dell’osso della scapola, su cui è poggiata la carne protagonista di questa preparazione: a forma di pala.
Come detto prima, si tratta di un pezzo di carne, solitamente di poco prezzo, ma dal gusto ricco e saporito, perfetto per la preparazione di insaccati, che risultano morbidi e succosi per via del grasso contenuto nella carne stessa.
La preparazione è tradizionalmente la medesima dall’alba dei tempi. La carne della spalla viene lasciata in salamoia per circa tre settimane, voltata e massaggiata quotidianamente così che, le fibre si arricchiscano dei gusti delle bacche ed erbe aromatiche che insaporiscono la salamoia. In aggiunta, così facendo, le carni si salano in maniera omogenea e gradevole.
Trascorso il tempo, la paletta biellese viene insaccata in vescica naturale e lasciata stagionare per circa un mese.
Come si prepara
Si consuma generalmente cotta e può essere venduta in tre sostanziali modi: cotta, precotta o cruda.
Nel caso in cui si compri cruda, questa dovrà cuocere per almeno due ore in una pentola molto capiente, piena di acqua. Dovrà infatti essere completamente immersa nel liquido caldo, ma senza toccare i bordi del tegame.
Il motivo per cui è solitamente presente un filo di spago attorno al salume, è appunto per consentire la cottura della Paletta: appendendola ad un cucchiaio di legno, appoggiato sul bordo della pentola, si permetterà all’insaccato di stare in sospensione.
Come si consuma
Solitamente la Paletta Biellese viene consumata spura, o eventualmente accompagnata da alcune composte o mieli per arricchirne e accompagnarne il sapore.
Essendo un affettato, può essere tagliato finemente e mangiato freddo, come antipasto.
In alternativa, si può consumare come secondo: in questo caso la carne andrà tagliata più spessa e servita calda, quasi come fosse un arrosto. Optassi per questa opzione, il consiglio è quello di accompagnarla a cipolle stufate, polenta o patate arrostite al forno.
A prescindere dal momento in cui scegliate di consumarla, abbinateci un buon bicchiere!
Se siete amanti del vino, quello che consiglio, è di rimanere in terra piemontese con un buon rosso strutturato, come un Barolo o un Barbaresco.
Ottimo con questo salume è anche la birra scura: dolce e importante, in grado di smorzare la sapidità dell’affettato.
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